Una pandemia che ha tenuto in ostaggio il mondo per due anni si avvia alla dismissione, ma l’onda lunga del disagio e del malessere è ancora lontana dal ritirarsi. Intanto il male e il dolore assumono forme nuove, pur nella banalità della storia che si ripete con angosciante monotonia. Nel tempo dell’attesa la poesia è il setaccio in cui riconoscere, tra il prima e il dopo, qualcosa che non va dimenticato e qualcosa di buono che apre alla speranza.

Nella “settimana della poesia” di un anno che voleva essere di rinascita, ma che già è segnato da oscuri presagi, #poetipost68 “alza la voce” ospitando altre voci in uno spazio che ha la volontà di allargare il confronto e condividerlo con il pubblico della poesia.

Apre la serata lo slavista Alessandro Achilli (Università di Cagliari) leggendo le poesia di due voci ucraine, una maschile, Serhiy Zhadan, e una femminile, Ija Kiva.

Letture di Amos Mattio con Francesca Serragnoli, Federico Italiano con Giovanna Frene, Elisa Donzelli con Christian Sinicco, Marco Pelliccioli con Silvia Caratti, Laura di Corcia con Alessandro Grippa, Marco Corsi con Dina Basso, Guido Mattia Gallerani con Carmen Gallo.

Una pandemia che ha tenuto in ostaggio il mondo per due anni si avvia alla dismissione, ma l’onda lunga del disagio e del malessere è ancora lontana dal ritirarsi. Intanto il male e il dolore assumono forme nuove, pur nella banalità della storia che si ripete con angosciante monotonia. Nel tempo dell’attesa la poesia è il setaccio in cui riconoscere, tra il prima e il dopo, qualcosa che non va dimenticato e qualcosa di buono che apre alla speranza.

LINK PER DIRETTA VIDEO: https://youtu.be/B_puEcVPjXY